Superare le trappole evolutive per non fare la fine dell’alce irlandese
Il 5 giugno, in occasione della giornata Internazionale dell’Ambiente, sono stato ospite del Festival di Pianeta2030, l’inserto settimanale del Corriere della Sera. Nel mio breve intervento ho raccontato del recente viaggio attraverso l’Alaska, lo stato americano che per la sua posizione è una sentinella del cambiamento climatico, il famoso canarino da miniera.
La giornata di eventi è stata aperta da Telmo Pievani, biologo evoluzionista, che ha parlato di ingegneri ecosistemici, animali cioè che si adattano al mondo plasmandolo e modificandolo. Ne sono un esempio i castori che costruiscono dighe e, facendolo, modificano il corso dei fiumi rendendo quell’ambiente più adatto a loro. Anche noi homo sapiens siamo ingegneri ecosistemici, ma abbiamo cambiato il mondo in modo talmente pervasivo, rapido ed invasivo che ci siamo infilati in una trappola.
Una trappola evolutiva.
"Gli ingegneri ecosistemici sono animali che si adattano al mondo plasmandolo e modificandolo. Come noi sapiens, abbiamo cambiato il mondo in modo talmente pervasivo, rapido ed invasivo che ci siamo infilati in una trappola. Una trappola evolutiva."
In nome del progresso abbiamo modificato l’ambiente deforestando, scavando miniere, deviando il corso dei fiumi ed estraendo combustibili fossili che, attraverso la combustione, immettono in atmosfera gas capaci di modificare il clima. L’abbiamo modificato così profondamente – e con esso anche l’ambiente – che ora siamo in crisi di adattamento. O meglio, i sapiens saranno in grado di adattarsi ai cambiamenti climatici, ma a un prezzo altissimo soprattutto per le persone meno abbienti.
Pievani nel suo racconto ha portato l’esempio di un altro animale che si è estinto per sua stessa mano. E’ l’alce irlandese, uno dei più grandi tipi di cervo che sia mai vissuto. Abitava le praterie dell’Irlanda fino agli angoli più remoti della Siberia. Si è estinto circa 8000 anni fa, e secondo il National Geographic la causa è la dimensione delle loro corna, che misuravano oltre tre metri di diametro e pesavano fino a quaranta chili. Poiché l’alce maschio con le corna più grandi aveva maggiori probabilità di riprodursi, l’intera specie ha imboccato una strada evolutiva che a lungo andare si è trasformata in una strada senza uscita.
I ricercatori dell’Università di Stoccolma, in un articolo pubblicato di recente sulla rivista Philosophical Transactions of the Royal Society, delineano quelli che ritengono essere i principali pericoli che corriamo proprio a causa del successo che abbiamo avuto come specie. Le 14 trappole evolutive individuate dai ricercatori dipendono proprio dal dominio della specie umana e dall’avvento dell’antropocene, l’epoca in cui il pianeta viene plasmato principalmente dalle nostre scelte. C’è da chiedersi se non sia l’Antropocene stessa ad essere una trappola evolutiva…
Peter Søgaard Jørgensen, tra gli autori dello studio, spiega che gli esseri umani sono una specie incredibilmente creativa, in grado di innovare e adattarsi in moltissime circostanze, ma queste capacità sembrano nascondere anche conseguenze inattese. Alcune delle trappole evolutive descritte nello studio sono definite come globali come la semplificazione degli ecosistemi di produzione alimentare, la crescita a scapito del benessere sociale, il superamento dei punti critici del sistema Terra e la divisione dell’umanità a causa dei conflitti, altri sono trappole tecnologiche come l’inquinamento, la dipendenza da fonti fossili, lo sviluppo di armi distruttive come le bombe atomiche o la possibilità che le tecnologie diventino eccessivamente autonome, altre ancora sono trappole strutturali come la disconnessione dalla biosfera e la perdita di socialità, che con le nuove tecnologie può determinare un aggravio delle divisioni all’interno delle nostre società. Una delle trappole più avanzate, spiega Jørgensen “è la visione a breve termine che porta a concentrarsi sulla rapida crescita economica, invece che sulla sostenibilità economica a lungo termine”. Di lungimiranza e visione a breve termine ne parlerò in un altro post separato poiché merita un approfondimento.
"Una delle trappole più avanzate è la visione a breve termine che porta a concentrarsi sulla rapida crescita economica, invece che sulla sostenibilità economica a lungo termine"
Jørgensen ritiene che sia possibile evitare vicoli ciechi se si adottano determinate misure come per esempio comprendere le trappole evolutive, identificarle meglio, cambiare percorso per evitare le loro conseguenze dannose, riorganizzare la società e creare nuove istituzioni e tecnologie che possano essere smantellate e ristrutturate quando necessario.
Un esempio concreto è la perdita di capitale sociale locale e la polarizzazione politica che assieme contribuiscono alla disinformazione e alla divisione globale. Per Jørgensen, la cosa più importante è “essere in grado di riconciliare i conflitti e raggiungere coloro con cui altrimenti avremmo meno probabilità di collaborare”.
Un altro modo per risolvere queste situazioni è agire collettivamente su larga scala. “È tempo che gli esseri umani prendano coscienza della nuova realtà e si muovano collettivamente nella stessa direzione. Abbiamo la capacità di farlo e stiamo già vedendo segni di tali movimenti”, conclude Jørgensen.