Lungoterminismo: filosofia salvifica o pericolosa ideologia?

28.08.2024


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Il lungoterminismo: una nuova filosofia per salvare l’umanità, o l’ideologia più pericolosa del momento?

Sto leggendo un libro del filosofo scozzese William MacAskill, intitolato Cosa dobbiamo al futuro. Nel libro, l’autore riporta alla ribalta del dibattito pubblico il concetto di lungoterminismo, il pensiero secondo cui il benessere e la sopravvivenza delle generazioni future, delle persone che vivranno tra migliaia o addirittura milioni di anni, sia una priorità morale fondamentale per gli esseri umani che abitano il presente.

Ne ho letto voracemente la prima metà, curioso di sapere dove mi avrebbe portato l’altra metà, ma ad un passo dall’adottare il lungoterminismo come mia nuova filosofia di vita, ho approfondito il concetto con delle altre letture ed è lì, grazie a queste, che ho iniziato ad intravedere le tante ombre di questa visione a lungo termine.

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Il lungoterminismo è il pensiero secondo cui il benessere e la sopravvivenza delle generazioni future è una priorità morale fondamentale per gli esseri umani che abitano il presente.

A un’occhiata superficiale, questo modo di agire potrebbe anche sembrare molto logico, tuttavia a una più approfondita riflessione fa suscitare un certo scetticismo. Infatti se è difficile non concordare con la necessità di avere una visione di medio-lungo termine quando si tratta di contrastare il cambiamento climatico, di evitare o rallentare una sesta estinzione di massa che potrebbe provocare cambiamenti irreversibili nell’ecosistema, è altresì vero che l’imperativo morale di perseguire il “potenziale più alto” dell’umanità nel futuro lontano può avere delle conseguenze terribili nel presente e nel vicinissimo futuro.

Effettivamente basta poco per accorgersi che esistono enormi difetti logici in questo approccio. Sul piano politico, per esempio, può portare a ignorare le immediate conseguenze di un’azione esercitata su persone viventi e reali, a fronte di ipotetici vantaggi in un futuro incerto, che riguarda persone che non sono ancora nate e che magari non nasceranno mai. Non fraintendetemi, finché si tratta di salvaguardare le generazioni future, il lungoterminismo sembra a tutti gli effetti un pensiero ragionevole, quasi inattaccabile dal punto di vista logico e morale. Il problema è che adottare questa visione in maniera razionale porta inevitabilmente ad abbracciare le sue pericolose estremizzazioni. Cosa succede infatti se iniziamo a prendere in considerazione le conseguenze delle nostre azioni politiche e sociali non tanto o non solo sulle prossime tre o quattro generazioni, ma su quelle che verranno migliaia se non milioni di anni? E poi, siamo davvero sicuri di poter prevedere l’effetto tra milioni di anni di un’azione compiuta oggi?

Per capire meglio le diverse sfumature del lungoterminismo, immaginiamolo come una ferrovia con tre principali stazioni. La prima stazione è quella del “lungoterminismo debole”, la seconda del “lungoterminismo forte” e l’ultima del “lungoterminismo galaxy-brain”. La prima forma di lungoterminismo sostiene che dovremmo prestare più attenzione al futuro. La seconda sostiene invece che il futuro di lungo termine è più importante di qualunque altra cosa e dovrebbe essere la nostra assoluta priorità. La terza è invece quella secondo cui dovremmo essere oggi disposti anche ad assumerci dei grossi rischi pur di assicurarci la sopravvivenza dell’essere umano in un futuro remoto. 

Credits: NASA

E’ questa terza forma di lungoterminismo che solleva i problemi più seri. Il suo solo obiettivo è quello di prevenire l’estinzione, evitare che si verifichino rischi esistenziali per l’essere umano, senza dare peso a quanto in là nel tempo potrebbero avvenire. Non solo: anche eventi molto improbabili di un futuro lontano assumono una grande importanza, a discapito magari di problemi che possono sembrare oggi più grandi e urgenti e sicuri. Praticamente, la povertà di un Paese o le malattie circoscritte ad alcune zone del mondo non sarebbero più priorità perché non rappresentano un rischio esistenziale totale. Lo stesso vale per il cambiamento climatico che, secondo le valutazioni deliranti di Jaan Tallinn, il fondatore di Skype e cofondatore del think tank lungotermista Future of Life Institute, non rappresenta un “rischio esistenziale”, poiché non compromette il futuro di una specie umana destinata a colonizzare lo spazio.

Nel grande disegno delle cose, il cambiamento climatico non è niente più di un piccolo incidente, dalla quale si può potenzialmente recuperare.

Sono affermazioni di questo tipo che hanno portato Émile P. Torres a definire il lungoterminismo l’ideologia più pericolosa del momento. “Elevare il compimento del presunto potenziale umano al di sopra di qualunque altra cosa rischia di aumentare in maniera non trascurabile la probabilità che delle persone vere e proprie – quelle vive oggi e nel futuro vicino – subiscano gravi danni, compresa la morte. Se anche il cambiamento climatico causasse la scomparsa di intere nazioni, scatenasse migrazioni di massa e uccidesse milioni di persone, potrebbe comunque non compromettere il nostro potenziale di lungo termine, relativo alle prossime migliaia di miliardi di anni. Nel grande disegno delle cose, il cambiamento climatico non è più di un piccolo incidente, dal quale si può potenzialmente recuperare.”

A proposito di cambiamento climatico - Scopri il progetto di divulgazione Eyes on Ices

Fin dove può arrivare una visione del mondo di questo tipo? Alla logica conclusione del percorso ci porta direttamente il filosofo Nick Beckstead, membro del Future of Humanity Institute, che nella sua tesi di dottorato del 2013 spiega che:

“Salvare vite umane nelle nazioni povere potrebbe essere meno utile che salvare vite nelle nazioni ricche. Questo perché le nazioni più ricche hanno a disposizione innovazioni considerevolmente migliori e i loro lavoratori sono molto più produttivi. Di conseguenza, è plausibile che, a parità di condizioni, salvare una vita in una nazione ricca sia sostanzialmente più importante che salvarne una in un paese povero.”

Fino a dove arriverebbero a spingersi dei fanatici che sono disposti ad abbandonare le persone che vivono nelle zone più difficili del pianeta e a instaurare una qualunque forma di dittatura se dovesse in qualche modo aumentare la nostra possibilità di evitare crimini o attentati?
La risposta fa paura solo a pensarla…

Crediti fotografici: Foto di Richard Gatley su Unsplash